venerdì, aprile 18, 2008

 

LIBRI PICCOLI LIBRI GRANDI


Quanto deve essere “grande” un libro? I romanzi di solito per essere considerati editorialmente interessanti devono essere almeno sulle duecento pagine, negli ultimi anni si trovano anche tanti romanzetti di poco più di cento pagine, per lo più editi dalle case editrici piccole. Si usa la definizione di “romanzo breve” o “racconto lungo” quando il volume non arriva alle cento pagine. Se si tratta di una raccolta di racconti allo stesso, non è considerata una pubblicazione degna se non ha queste dimensioni.Personalmente anche io diffido dei libri troppo piccolini. Anche se ormai sono anni che non entro più in una libreria con la voglia di comprare un libro facendomi guidare dall’istinto, dalla copertina, dalla quarta e dal titolo. Ma mi affido ai consigli, alle recensioni, alla fiducia nell’editore. Un po’ mi dispiace: ho perso quel rapporto viscerale e immediato con i libri. Forse si cresce.Comunque, pensavo a quanto un editore debba farsi o meno influenzare dalla lunghezza per la scelta dei manoscritti da pubblicare. Sicuramente deve essere un elemento: preferire le narrazioni più articolate, le trattazioni più complete. Ma se un libro appare già compiuto e perfetto pur in una evidente brevità? Quando si può correre il rischio?Penso a piccoli grandi libri come Il piccolo principe o Il gabbiano Jonathan Livingston: alla leggerezza e compiutezza del loro messaggio, alla loro maestosa longevità, pur contenuta nelle loro ridottissime dimensioni, allungate dalla illustrazioni e dalle foto che in entrambi i casi fanno parte del contenuto, non sono un semplice riempitivo. Penso però anche a quella grande presa in giro, o almeno all’epoca io, fan della prima ora di Baricco, la vissi come tale, di Seta, o anche di Donna per caso di Coe, di cui invece continuo ad essere una fan entusiasta. E mi rendo conto che effettivamente è davvero difficile scegliere, decidere, capire quando è il caso o meno.Certo se un libro è brutto allora meglio che sia corto. Ma se un libro è brutto tanto vale non pubblicarlo nemmeno: piccolo o grande che sia l’interesse editoriale è sempre nullo.Ecco, credo di essermi risposto da solo.

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