lunedì, marzo 29, 2010
IL DIO DANARO

Il nuovo giallo di Olivieri TITOLO: Quella Milano nera serva del dio danaro - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - "Per me la gelosia c' entra come i cavoli a merenda". Frase che per Ambrosio aveva avuto l' effetto sgradevole di un coltello che stride scivolando sul piatto. "Qual e' , secondo te, il movente del delitto?". "Commissario, il danaro... il dio danaro", aveva ripetuto l' ispettore e Ambrosio, che nella vita si era sempre sforzato di apparire equanime, gli aveva toccato la spalla. "Penso, mio caro, che tu non abbia tutti i torti". A quasi vent' anni dal suo primo romanzo, Il caso Kodra, Renato Olivieri ha costruito per il suo commissario Ambrosio una nuova avventura tra le strade e gli umori di Milano, Il dio danaro (Mondadori). L' indagine, questa volta, si svolge negli ambienti dell' alta finanza. La vittima . come ogni giallo che si rispetti anche questo parte con il ritrovamento di un cadavere . e' un banchiere e la vicenda si svolge, con i ritmi ormai ben conosciuti delle indagini del commissario Ambrosio, un Maigret meneghino con buone maniere e acuta sensibilita' , tra soci di studio, clienti danarosi, mogli, amiche e amanti. Ben piu' che la trama, condotta con pazienza sino a una soluzione che non sveleremo, cio' che conta in questo come negli altri romanzi di Olivieri e' l' atmosfera, quella consueta di una Milano percorsa, vissuta e visibilmente amata strada per strada, e quella del tutto nuova delle abitazioni e degli uffici dei professionisti della finanza. Uomini, questi ultimi, che trascorrono in citta' il mese di agosto, per lavorare "liberi come farfalle", senza ne' telefonate ne' appuntamenti, studiando "i nuovi investimenti di fine estate da mettere in pratica a settembre", pensando ai buoni risultati che potra' dare "ogni mossa predisposta in anticipo, con minuzia". Uomini abituati a gestire molto danaro senza pero' averne il gusto, "come quei cuochi che conoscono le regole della buona cucina, ma che in fondo non hanno mai un grande appetito". Uomini che possiedono quadri di Morandi, Hayez, Canaletto ma che vivono in appartamenti d' affitto perche' le case "sono un investimento delle compagnie di assicurazione, mai dei privati", come diceva, "quand' era giovane, il grande Cuccia". Enrico Cuccia, il presidente onorario di Mediobanca, il banchiere "riservato, attento", perennemente lontano dalle luci, che "e' schierato con le grandi famiglie del capitalismo" e "si deve adeguare alle logiche spietate della guerra" ma che "va alla prima messa in Duomo e a San Fedele, e non soltanto la domenica, ma anche durante la settimana". Siegmund Warburg, "un banchiere della City che aveva cominciato nel 1934 con cinquemila sterline e che in trent' anni aveva portato i profitti della sua finanziaria a due milioni e trecentomila sterline". Raffaele Mattioli, il leggendario presidente della Banca Commerciale, "quel grand' uomo che diceva: un banchiere deve padroneggiare il danaro, sono guai per chi permette al danaro di impadronirsi di lui". Aldo Ravelli, il mago della Borsa milanese, "cuore a sinistra, ma portafoglio a destra". E poi Roberto Calvi e Michele Sindona, morti ammazzati. Evocati come modelli, temuti come spettri, imitati, raccontati, sono loro, i grandi della finanza, i protagonisti veri del romanzo. Loro e Milano. Milano con le sue strade e i suoi monumenti. Via Solferino e il Corriere della Sera, il cimitero Monumentale con la tomba di Arturo Toscanini, Brera, l' Universita' , l' Orto Botanico. E poi, ancora, Milano con i suoi personaggi. "Quel giudice che va a cavallo" e "quel giornalista che urla sempre". Nella descrizione del magistrato amante dell' equitazione e' facile riconoscere il capo di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli. Ma il giornalista urlatore chi sara' ?